lunedì 12 aprile 2010

Il Popolo non ha il pane? Dategli le brioche

Questo il titolo del nuovo spettacolo teatrale interpretato e diretto da Filippo Timi. Un titolo di difficile interpretazione, se consideriamo che il testo parla di Amleto. Ma la celeberrima tragedia Shakespiriana, non ha che marginalmente a che fare con quest’opera scritta dall’accoppiata Timi-De Santis. Eppure, la storia è sempre la stessa. Amleto, principe di Danimarca, perde il padre a causa di un complotto ordito da suo zio, ora sposatosi con sua madre. La storia capitolerà nella tremenda vendetta del principe, che non risparmierà nessuno e, quasi fatalmente, coinvolgerà anche l’amata Ofelia. La rappresentazione del testo, viene, però, affrontata in maniera del tutto innovativa rispetto a quella tradizionale. Amleto non è un uomo sperduto nel suo destino di autodistruzione: o meglio lo è, ma ora del tutto consapevole di ciò che lo attende, poiché il protagonista non è l’Amleto principe di Danimarca, ma il personaggio teatrale in quanto tale. Quello che ogni sera da quattrocento anni è costretto a rivivere il suo ruolo, a rivestire i suoi stessi panni. Sia Amleto che Gertrude (sua madre), sono pienamente consci di ciò che li attende, come vittime di un copione già scritto che si ripeterà infinite volte sul palcoscenico. Allora i personaggi assumono un diverso spessore, interagiscono diversamente. Usano l’ironia, il grottesco, conditi con battute che rimandano alla televisione degli anni 80’ e a quella moderna ( in puro stile ‘Timi’ come ci dimostra nei suoi libri) che strappano risate che fanno rendere Amleto ancora più consapevole della sua situazione. La sua vita (come quella di tutti) è uno spettacolo che viene osservato da persone che non hanno nulla di meglio da fare che, appunto, fare i guardoni. L’aggiunta di personaggi surreali che appaiono quasi marginalmente, ci forniscono la chiave di lettura del finale tragico, che tale rimane nonostante tutto, e che ci mostra Amleto come un regista del suo stesso dramma mentre istruisce gli altri personaggi su come interpretare al meglio il loro ruolo. Quasi a caricaturare le loro esistenze. Eppure alla fine si intuisce che persino Ofelia, come tutti i personaggi, dapprima persa nelle sue fantasie di irreale felicità, sia consapevole di se stessa. Tutti comprendono come la vita sia un attimo fugace. Proprio come una recita in cui amore, violenza, morte, noia, bene e male si accavallano l’uno sull’altro fino alla fine dell’esistenza.

Questa rappresentazione, che segna il ritorno sulla scena teatrale di Timi, è un grandioso apogeo dell’enorme capacità interpretativa di tutti i componenti del cast, composto da: Lucia Mascino, Marina Rocco, Luca Pignagnoli e Paola Fresa, guidati dall’esperienza di Filippo Timi, che firma un’opera che, chiaramente (come si evince dal titolo), è una chiara critica nei confronti delle risposte date dagli uomini di potere (Maria Antonietta come Amleto) a problemi reali.

STEFANO CARBONE

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