sabato 3 aprile 2010

Editoriale aprile 2010

E’ arrivata anche quest’anno Pasqua. Il tempo passa rapidamente per chi lavora…Diversamente si pone la questione per chi non lo fa per imposizioni o contingenze esterne o perché non vuol farlo. Ma a parte la personale percezione temporale di ciascuno di noi, è arrivata la Pasqua. Non possiamo fare a meno di riflettere sul significato che assume anno dopo anno questa festività religiosa, che in qualche modo si trasforma in pagana e umana come ogni festività che si rispetti; in modo che tutti ne possano godere. Non solo chi crede. La questione della Pasqua è molto semplice. Il fulcro di essa è uno ed uno solo: il cibo. Per chi è solo o passa le festività in famiglia, la costante è cucinare un po’ di più del normale per celebrare la gioia insita nella festività. Proprio per far fronte a questa richiesta di provvigioni fuori-norma, i commercianti fanno scorta di impressionanti quantitativi di carne. Un tempo bestie che vivevano la loro vita con dignità o no. Come chiunque di noi, del resto. La problematica sarà il dopo. Già da svariati anni, su qualsiasi rete si decida di guardarlo(a breve la differenza sarà così sottile fra l’uno e l’altro da non notarsi neppure), il telegiornale ci racconta gli orrori della Pasqua per gli animali che ‘popolano’ le nostre tavole durante i banchetti domenicali e pasquali. Tonnellate di carne (il sangue gela al pensiero di chiamare in tal maniera dei cadaveri) ammonticchiata all’esterno degli allevamenti e dei macelli. Carni vittime e indice di un male che ha da sempre accompagnato questo mondo: la carenza di risorse economiche. E’ a questo che tutto ciò ci porta; migliaia di agnelli rimasti invenduti a causa della bassa domanda da parte dei consumatori. Sciocca ipocrisia. Del resto chiunque abbia un pizzico di sale in zucca, capirebbe che la recente crisi economica, di certo, mai avrebbe potuto migliorare questa situazione. Eppure anche quest’anno ci apprestiamo a festeggiare con il dannato agnello sulle nostre tavole. Di certo approfondendo l’argomento antropologicamente, scopriremmo che sacrificare l’agnello per la festa più importante, ha radici e significati che risalgono a un’epoca precedente persino rispetto all’origine della nostra ‘religione di stato’. Ma la questione posta non ha nulla a che fare con l’etica o la morale. Più che altro, il problema è il perché di questo immondo spreco annuale. Di certo non si può incolpare noi stessi (quando mai…) per ungere il meccanismo del consumo comprando sempre questo tipo di carne, promuovendo questo binomio stereotipato agnello -Pasqua. Di certo si può individuare un problema generale che riguarda i produttori di questo genere di consumo. Per qual motivo produrre tanto se il consumo è chiaramente in ribasso?
Inutile affermare che è la brama di guadagno, che guida queste decisioni, brama che scegliamo di eleggere come nostra bandiera morale e mentale, preferendo essa al desiderio di mantenere una parvenza di umanità. Sia nella decisione di macellare tante bestie a mo’ di catena di montaggio (al pensiero viene davvero l’impulso di diventare vegetariani) sia di far soffrire orrendamente queste povere bestie con tecniche per macellarle al di là di qualsiasi barbara immaginazione. Invidiamo le altre religioni, così vicine alla nostra (sia per luogo di nascita che per il messaggio di cui sono portatrici) che prevedono il divieto di far soffrire in maniera assoluta l’animale che si decide di mangiare. Questa nostra mancanza di rispetto per la vita, si riversa in parte anche sulle persone. L’indecorosità dello sfruttamento della vecchiaia per fare audience televisiva ne è un esempio lampante. Chi non nota la triste presenza di anziani in trasmissioni televisive, ahimè tristemente note, fare la vita dei giovanotti o essere derisi e sbeffeggiati come patetiche caricature di loro stessi?
Il rispetto, è oramai sparito dalle nostre priorità. Del resto cosa importa se lo scopo principale della nostra vita è divenuto il gioco del vendere?
Le conseguenze, tanto, le si vedrà più in là. Questa è la conclusione più tremenda a cui si arriva durante questi giorni che di festività non hanno proprio nulla. Ci costerà poi tanto viverli con un senso di responsabilità più vigile? Di certo non è una cosa che ci potrà rovinare il pranzo rinunciare all’agnello simbolo del consumismo che ci umilia tutti. La responsabilità non crea alcun problema di digestione.

STEFANO CARBONE


1) non a caso è il primo termine
2) o alle nostre se preferite

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