venerdì 12 febbraio 2010

La Boheme di Musetta


Il 17 gennaio scorso,presso il teatro Petruzzelli di Bari si è tenuta la rappresentazione della Bohème di Giacomo Puccini; con la regia di Boris Stetka e la direzione d’orchestra di Antonino Fogliani. Abbiamo intervistato Teresa Di Bari, che ha interpretato Musetta, che ci ha raccontato la sua esperienza professionale e personale.

→Come ha trovato l’esperienza lavorativa con Stetka?
[È stata un’esperienza molto positiva. Si è trattato di portare in scena un melodramma molto conosciuto, la cui vicenda essendo semplice e di facile comprensione letteraria, ha posto lo stesso spettatore in sintonia con il palcoscenico ed è stata per noi artisti naturale da interpretare. È la storia di giovani artisti che vivono le traversie anche dei giovani d’oggi, accomunati da un forte senso dell’amicizia, dell’amore e della speranza, che si trovano a dover affrontare un dolore più grande di loro: la morte di Mimì, evento che segnerà la loro storia spogliandoli dalla spensieratezza giovanile per dar posto ad un forte senso di umanità e di attaccamento alla vita; Stetka ha preferito un approccio tradizionale con l’opera; le sue indicazioni generali sono state la base sulla quale tutti ci siamo mossi in maniera spontanea e naturale.]

→Come mai la direzione artistica ha optato per l’utilizzo di due cast?
[Si opta per l’utilizzo di più cast in genere quando le recite di uno spettacolo sono consecutive. In questo modo i cantanti hanno la possibilità di riposarsi fra un’esibizione e l’altra; sarebbe più pesante fare diversamente, inoltre in questo modo si dà la possibilità a più artisti di lavorare]

→Come funziona la fase preparatoria di una rappresentazione di questo calibro?
[Si comincia con una riunione iniziale in cui il regista, espone la sua idea, la sua visione dell’opera;nel caso della Bohème la storia tratta di vite semplici, di sacrifici, cosa non estranea agli artisti; parla soprattutto di giovani aperti al mondo. Il regista ha scelto di ambientarla in epoca più recente rispetto alla versione originale. Il passo successivo è la discussione fra attori (cantanti) e regista sull’idea che ognuno si è fatto del personaggio da interpretare. Qui si vede la differenza fra regista e regista: se c’è apertura reciproca, uno scambio di pensieri liberi da schemi, si possono creare e far risaltare meglio i personaggi, come è avvenuto nel caso specifico. Poi vengono mostrati agli attori i bozzetti della scenografia per avere un’idea dell’ambientazione nella quale ci si muoverà, poiché all’inizio non si recita sul palcoscenico, ma in altre sale preposte alla regia per cui si proverà immaginandosi la scena. Si prova ad atti con la musica, eseguita da un pianista. In questa fase, nella quale non si è obbligati a cantare in voce, si provano i movimenti dei personaggi dietro indicazioni del regista, spesso in presenza del direttore d’orchestra. Le prove di regia si alternano con quelle musicali: il cast canterà in voce tutta l’opera, senza movimenti scenici, diretto dal direttore d’orchestra e con l’accompagnamento del pianoforte. In questa fase il direttore verificherà il lavoro preliminare musicale che ciascun cantante avrà fatto in fase di studio del proprio personaggio, e darà a ciascuno dei suggerimenti per superare certe difficoltà e per meglio interpretare ciò che l’autore ha scritto sulla partitura. Anche in questo caso può esserci uno scambio di opinioni. Dopo che il direttore avrà provato anche con l’orchestra si passerà alla fase successiva detta “italiana”. Questa prova verrà eseguita in palcoscenico e saranno coinvolti il cast, l’eventuale coro (preparato preliminarmente dal suo direttore), l’eventuale corpo di ballo e l’orchestra. Qui verranno testati gli equilibri acustici e quindi i rapporti fra orchestra e cantanti; grande importanza avrà il lavoro del direttore che cercherà di far emergere le voci sull’orchestra non a discapito dei colori e delle sfumature della stessa.
(A tale proposito va sottolineato che è importantissima l’armonia delle voci e quindi la scelta del cast da parte del direttore artistico. Purtroppo oggigiorno non sempre si affida ad un cantante un ruolo giusto per lui e quindi si finisce per non creare il giusto equilibrio fra le voci).]

Dopo “l’italiana” si passa alle prove di assieme, sempre in palcoscenico, dove c’è l’assemblaggio delle fasi sopra descritte; si prova l’opera un atto per volta e tutti sono coinvolti: cantanti, regista, coro, comparse, ballerini, orchestra, direttore, scenografia, macchinisti, elettricisti e pian piano luci.
Seguirà la prova d’assieme in costume e finalmente con l’antegenerale si proverà l’opera per intero con l’aggiunta del trucco che avrà molta importanza con la prova luci. I personaggi e la scena dovranno essere illuminati nella giusta misura tenendo ben presenti le giuste posizioni, le ombre che andranno a formarsi e quindi si studia bene il trucco giusto per ogni personaggio. Ora tutti sono coinvolti, anche la sartoria, i truccatori, parrucchieri. Spesso dopo l’antegenerale vi è “l’antepiano” un’ulteriore prova alla quale manca solo l’orchestra e che serve per ritoccare l’opera prima della generale. Prova generale che oggi rappresenta per noi la prima dell’opera, in quanto molto spesso la si esegue alla presenza di un pubblico oltretutto pagante. Un tempo il cantante in questa prova non sempre cantava in voce per riposarsi prima della prima ed essendo per l’appunto una prova di assestamento, lo stesso direttore non si creava il problema di fermare l’orchestra o i cantanti per correggere dei punti. Ora in presenza di un pubblico a pagamento è molto difficile che non si canti in voce o che ci si fermi per ripetere. Un tempo, se la generale era aperta al pubblico (peraltro non pagante), agli artisti veniva riconosciuto un compenso pari al cinquanta per cento del proprio cachet, mentre oggi si esibiscono gratuitamente .
Quando ci sono due cast ci si dà il cambio durante le prove. A volte il primo cast prova più del secondo; questa volta il secondo cast,del quale facevo parte, e il primo hanno provato alla stessa maniera.]

→Come si interpreta un personaggio dello spessore di Musetta?
[Ho cercato di giocare molto con la mia sensibilità. È un personaggio esuberante e civettuolo, ma allo stesso tempo ricco di sentimenti passionali e di umanità. Le piace sentirsi amata e oggetto del desiderio, ma il suo vero amore è uno solo: Marcello. Allo stesso tempo di fronte alla tragedia sa spogliarsi delle sue frivolezze per lasciare il posto ad una umanità e ad una generosità estreme. Per dar vita e verità ad un personaggio bisogna immergersi nel contesto. Grande importanza va data alle parole che si cantano e al loro significato. Allo stesso tempo bisogna conoscere il testo di ogni personaggio per poter reagire alle sue parole con giusta enfasi (il lavoro si complica quando si canta in lingua straniera). Bisogna lasciarsi andare, imparare il testo a memoria non basta. In tutto ciò non ci si deve far condizionare dalla tensione emotiva; anche se non ti abbandona mai dall’inizio dello spettacolo.]

→Il Petruzzelli è da sempre il simbolo della cultura barese. Cosa ha provato nel ritornare in un teatro tanto importante per la sua città come attrice?
[Un’emozione particolare. Si riapriva una pagina chiusa con il Petruzzelli. Tanto per me quanto per Bari. Conoscevo bene il “mio” teatro, avendoci lavorato da giovanissima come maschera, mentre ero studentessa di canto, per impregnarmi dell’aria d’arte che si respirava. Ed è proprio su quel palcoscenico che ho mosso i miei primissimi passi. Era il 1990, interpretai il ruolo di Kate Pinkerton nell’opera “Madame Butterfly” e a notarmi fu proprio l’attuale Sovraintendente Giandomenico Vaccari che mi spronò a continuare su questa via. Oggi il nostro teatro ha un vestito nuovo, ma di colpo è come se tutti questi anni non fossero passati. Spero che il “nostro” ‘Petruzzelli’ sia portato avanti tenendo presente un punto importantissimo: valorizzate le forze artistiche del territorio.]

→Ritiene che la sua città offra le giuste occasioni per chi come lei sceglie di dedicare la sua vita allo spettacolo?
[È difficile dare una risposta. Bisognerebbe chiederlo a chi gestisce il settore. Certo è che la crisi economica ha colpito duramente soprattutto lo spettacolo con l’aumento dei tagli. Ciò significa meno produzioni, meno recite e meno forze che lavorano;. Non bisogna dimenticare che dietro la macchina dello spettacolo ruotano una marea di figure professionali che hanno bisogno di lavorare per vivere.]

→Com’è la vita per una cantante lirica?
[Dipende da come la si affronta. É una questione di testa. Se ti fai prendere da questo mondo ti accompagnerà per tutta la vita, ma non è una professione facile; è un susseguirsi di gioie e di pene, le difficoltà sono sempre dietro l’angolo. E’ una sfida continua con se stessi, si pensa sempre di non aver raggiunto l’obiettivo finale come lo si avrebbe voluto e si lavora fino all’ultimo momento prima dello spettacolo. Saranno il contatto col pubblico, le emozioni che gli avrai donato, i suoi applausi a ripagarti dei sacrifici fatti. Lo studio quotidiano è essenziale anche se non si lavora, come anche andare a “sciacquare i panni sporchi”, come si suol dire, dal proprio allenatore di fiducia dopo ogni lavoro. E’ come fare la messa a punto ad una macchina. Il cantante è come un atleta, non può mai smettere. Tutto ciò comporta dei costi che non ci si può permettere di sostenere se non si lavora e purtroppo si lavora sempre meno. I teatri chiudono, le produzioni diminuiscono e c’è sempre meno gente (italiana) che lavora nei nostri teatri. Mi auguro che il governo italiano capisca che la cultura è vita, è energia, è forza, è ricchezza e senza di lei non andremmo da nessuna parte.]

STEFANO CARBONE

(ringraziamo cordialmente Teresa Di Bari per l'aiuto e la fiducia)