martedì 29 giugno 2010

Speciale José Saramago.


Lo scorso 18 Giugno è venuto a mancare, in seguito ad una lunga malattia, uno degli scrittori più eccelsi della storia della letteratura contemporanea; José Saramago. Nell’apprendere la notizia ci siamo sentiti in dovere di rendere omaggio al suo genio creativo. Portoghese; nasce il 16 novembre 1922 ad Azinhaga, da una famiglia povera, si trasferisce sin da tenera età a Lisbona, ove abbandonerà gli studi a causa di problematiche economiche. Comincia ad effettuare le professioni più disparate per mantenersi: fabbro, correttore di bozze, giornalista, scrittore, traduttore; fino ad entrare a far parte del ramo editoriale, che non abbandonerà mai. Pubblica vari romanzi e poesie dal 1947, che intervalla con l’attività giornalistica. La censura del regime di Salazar, non gli consente di ottenere il successo desiderato; ma Saramago non si arrenderà mai ad esso; opponendoglisi con i suoi scritti e denunciandone gli abusi.
Fino al 1972, periodo del ‘primo Saramago’, egli pubblica anche testi teatrali e novelle. Subito dopo la rivoluzione dei Garofani del 1974, Saramago comincia la sua attività di scrittore a tempo pieno, e si lega alla letteratura post-rivoluzionaria, che seguirà per il resto della sua esistenza. Il successo arriva con il romanzo “Memorie di un convento”. Durante il decennio 90’, Saramago si afferma, a livello mondiale, come uno degli autori più apprezzati; ma nonostante ciò, non perse mai la sua schiettezza e disillusione, che molti confondono con la presunzione, ma che hanno più a che fare con un’attenta e profonda capacità di analisi della nostra realtà. Cosa che gli consentì di mettere a fuoco alcune delle caratteristiche più oscene e aberranti del nostro tempo e delle nostre forme di governo. Ne è un chiaro esempio una fra le sue opere più celebri: “Cecità” del 1995. In questo romanzo dai tratti simbolici e quasi filosofici, una malattia strappa a tutti gli uomini, la capacità di vedere. Per evitare che essa si diffonda nella popolazione mondiale, il governo di una città non specifica, che assume le fattezze di una qualunque cittadina del nostro pianeta, decide di rinchiudere i malati in un ex-manicomio. Solo una donna fra questi non è stata contagiata. Ella, che si finge anch’essa cieca pur di star vicina alla persona che ama, sarà l’unica testimone dei soprusi, violenze ed orrori che gli uomini rinchiusi subiranno o perpetreranno gli uni nei confronti degli altri. Questo romanzo ci fa’ spontaneamente sorgere un dubbio; la realtà che la donna non contagiata vede, è davvero definibile come realtà o è quella percepita dai ciechi da considerarsi vera? Ci pone, dunque, di fronte ad un dilemma sulla percezione della realtà; ovvero, è la realtà percepita dalla massa quella vera, o è chi vede le cose come stanno che percepisce il reale?
C’è da sottolineare, inoltre, che Saramago non utilizza molto la punteggiatura in questo romanzo. I punti non esistono. Fatto da non sottovalutare per comprendere l’atmosfera di cui questo libro è impregnato. La vicenda, infatti, si svolge in un tempo e in un luogo non definito. Questo espediente, ancor più ci dimostra l’assenza di un inizio ed una fine. Il tempo è azzittito. Questo romanzo è solo uno degli esempi elencabili a memoria di questo straordinario autore controcorrente che sempre cercò di evidenziare i lati negativi di questa nostra società. Ma non fu solo un abile scrittore; fu anche un giornalista ineccepibile; un viaggiatore sul sentiero della conoscenza votato al rianalizzare e riosservare il già visto anche a distanza di tempo per coglierne ogni possibile sfumatura. Una delle sue caratteristiche più peculiari, era di certo la capacità di scandalizzarsi; cosa che manca a molti ‘grandi’ di questo nostro mondo. Le sue qualità di scrittore, gli consentirono di vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1998; cosa che non fu ben vista da tutti; in particolar modo dal Vaticano, per le ben note posizioni anti-clericali e filo-comuniste ( si iscrisse al partito già nel 1959) dello scrittore; cosa nota a tutti coloro che hanno letto “Il vangelo secondo Gesù”; a metà fra vangelo apocrifo e romanzo. In esso viene descritta una delle figure più importanti della storia dell’umanità; Gesù, sotto una luce del tutto nuova: l’umanità. Il Gesù di Saramago sbaglia, ama, teme la morte, chiede persino perdono agli uomini per l’operato di Dio. Non è esagerato definire quest’opera una vera e propria rivoluzione. Qualcosa che non si può giudicare né eresia né male. Anzi. Ci si sente più vicini alla figura di Gesù. Non più santo; ma uomo. Nulla può restituire un’immagine degna di quello che Saramago ha rappresentato per ben tre generazioni. La sua vita, dedicata alla scrittura, può solo trasmetterci quello che riusciamo vagamente a percepire di un uomo, che considerava le persone più sagge che avesse mai conosciuto i suoi nonni. Del tutto privi d’istruzione. Indice, forse, che la vita è davvero maestra migliore della scuola.


STEFANO CARBONE.

Nessun commento:

Posta un commento